Nel cielo di Kiev (violenza e civiltà)
25.2.2022
di Walter Borsini
Appoggiandomi al parapetto, sul davanzale di San Miniato al Monte, osservo giù sotto di me il distendersi consueto delle cupole, dei campanili e dei tetti rossi, il colonnato del piazzale degli Uffizi e i ponti sull’ Arno. La gente si affretta nella giornata invernale mentre io sento il freddo sulle guance e immagino che siano arrossite. Le persone appaiono gioiose o inquiete, ma la loro città le accoglie benevola, forse un pò annoiata, o affaticata, per i tenti sguardi distratti e il calpestio continuo delle sue strade.
In questa città, la gente vive, si affanna, si eccita, si esalta e soffre in pace.
Una città in pace è una città dove le persone si sentono sicure e non temono aggressioni, pensano che la condizione di pace durerà anche domani, e domani troveranno ancora la loro città placida, annoiata, accogliente.
Un brusco risveglio si può avere per tanti motivi, imprevedibili, un’alluvione per esempio, o un attentato terroristico. In tutti i casi, la gente sa che la città si risolleverà, e, con l’ aiuto dei suoi abitanti, tornerà ad essere quel rifugio sicuro che conoscono bene, a loro disposizione, oggetto di amore e di consumo.
Un pensiero si è annidato nei nostri cuori, lì dimenticato dal tempo. La civiltà, l’educazione, il rispetto tra gli abitanti manterrà questa città in pace. I conflitti saranno risolti parlando. Non per nulla siamo arguti e brillanti, possiamo comunicare le nostre idee e le nostre intenzioni, c’è spazio per l’ ascolto e attraverso la conversazione potremo uscire dai conflitti, trovare le giuste mediazioni, un forte consenso.