Chi è in guerra in Medio Oriente è un racconto abbastanza articolato delle vicende storiche che si sono susseguite dalla fine del XIX secolo a oggi relative alla Palestina, al movimento che ha riportato il popolo ebraico in Palestina e ai conflitti che ne sono nati.
Quella che segue è una presentazione del PDF, che puoi scaricare qui Chi è in guerra in Medio Oriente (14 download )
INDICE
- Il terrorismo di Hamas e il destino degli ostaggi
- La leadership espansionista di Netanyahu e il ruolo degli Stati Uniti.
- I Palestinesi non prendono in mano il loro destino, vittime dello scontro tra il governo israeliano e Hamas che dura da trenta anni.
- Conflitto regionale o mondiale?
- Guerra in Palestina, una guerra all’ ultimo sangue per il territorio
- L’ arroganza e la paura: dalla Hybris del primo sionismo alla arroganza di Netaniahu; dalla paura dei palestinesi alla arroganza di Hamas
Una vicenda, due narrazioni.
Presentazione
Se si ascoltano con attenzione i commenti sulla guerra in Medio Oriente, scopriamo che ci sono due narrazioni , completamente antitetiche. Basta seguire le TV occidentali e Al Jazeera. Vediamo immagine e termini diversi. Negli ultimi giorni, alla ripresa dei bombardamenti israeliani, dopo la tregua di fine novembre, sulla TV italiana, si sottolinea molto timidamente il disappunto per la ripresa dei bombardamenti a tappeto, che aumentano le perdite tra i civili, mentre si sottolinea sempre che Israele combatte per la sua sicurezza e che non si discute quindi il suo diritto all’ azione di guerra.
Su Al Jazeera i sottotitoli sottolineano e ripetono la parola genocidio e si ascoltano i racconti degli abitanti di Gaza, le storie di famiglie distrutte.
E’ di oggi (8 dicembre 2023) l’ immagine che ha fatto il giro del mondo delle decine di uomini a torso nudo, seduti per terra , sotto la mira dei fucilieri israeliani.
Per alcuni quegli uomini sono terroristi di Hamas, che si sono arresi spontaneamente, per altre fonti si tratterebbe invece di civili arrestati “arbitrariamente” da Israele in due scuole affiliate alle Nazioni Unite a Beit Lahia. L’esercito: “Controlliamo chi è connesso ad Hamas e chi no, teniamo detenuti tutti e li interroghiamo
Due narrazioni vogliono dire due immaginari, due epopee che si vengono a creare nella mente e nei corpi delle persone, diverse e contrapposte, ad Occidente e ad oriente del globo. Ognuno, specialmente il popolo, vede, racconta e ricorda, delle guerra, le bombe che cadono o sono cadute sulla sua testa, mentre non ha esperienza diretta delle bombe e delle stragi che hanno colpito l’altra parte, come racconta molto bene Luca Steinmann, inviato di La7 sul fronte russo durante la guerra in Ucraina (Il Fronte Russo di Luca Steinmann, Rizzoli ,2023)
Due narrazioni vogliono anche dire conflittualità, scontro, odio.
Ci sono delle parole che ci sembrano chiarissime e scivolano veloci nella nostra lettura, come antisemitismo, non richiedendo alcuna pausa di riflessione e/o disambiguazione, ci sembra di capire subito tutto. ma anche queste parole possono essere ambigue ed ingannevoli. Ciò che per l’ Occidente è antisemitismo, per l’Oriente arabo e mussulmano può essere islamofobia. Altre parole invece ci sembrano ostiche, ci costringono ad un lavoro di interpretazione e le comprensione rimane incerta. È il caso ad esempio del nome della terra contesa nella guerra: è Eretz Israel o è Palestina? Perché le stesse terre, le stesse città sono chiamate con nomi così diversi? Cosa significa tutto questo?
I racconti che ascoltiamo degli inviati sul terreno di guerra e le ricostruzioni che ne fanno i testimoni diretti, i giornalisti, gli stessi protagonisti militari e civili, gli aggressori come le vittime, esperti e storici, studiosi, tutti questi racconti si intrecciano in uno scenario complicato, che si svolge su più piani.
Non è sempre possibile cogliere questo intreccio di piani con un rapido sguardo, o in un unico racconto, perché potremmo essere propensi a metter a fuoco solo ciò che entra agevolmente nelle nostre conoscenze e evitare tutto ciò che è più ostico da capire, che ci costringe a uno sforzo di interpretazione e di conoscenza, ma che nello stesso tempo potrebbe metterci dinanzi a ciò che non ci aspettiamo, a qualcosa che non sapevamo o che non avevamo ancora messo a fuoco.
La parola sconosciuta che serpeggia dentro tutta la vicenda è arroganza. Come dice il vocabolario, ad rogare, in latino, indica la richiesta e l’appropriazione di ciò su cui non si possono vantare diritti, come i territori degli altri, la cultura degli altri, la vita degli altri. Tutto questo si cercherà di raccontare nei successivi capitoli, in un’ ottica che parte dal 7 ottobre, per ricostruire la storia della Palestina e di Eretz Israel, focalizzando in particolare sugli ultimi trenta anni, dopo l’ assassinio di Rabin e la fine dell’ unico tentativo che ci sia mai stato di riconoscimento reciproco tra Israele e i palestinesi
Non sono uno storico e i fatti da me riportati possono contenere errori. Invito i lettori a integrare o correggere. Oltre i fatti, ho cercato anche di ricostruire il processo storico-culturale che cronicizza il conflitto in un’ area geografica del nostro pianeta, processo storico culturale, che affonda non solo in ragioni geo-politico, economiche ed obiettive, ma anche nelle menti individuali e collettive, nelle rispettive rappresentazioni del mondo, di sé e dell’altro, e che sta generando ferite insanabili, che si trasmettono di generazione in generazione, espressione e causa di un grave trauma collettivo.
10 dicembre 2023 Walter Borsini